L'Ora del Pellice

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11 giugno 1663: Luserna saccheggiata, sottratta la campana di Lusernetta

L’ingente bottino fu sparso su un prato nei pressi del Tribulet, la località sopra le Vigne che fungeva da rifugio per gli uomini di Gianavello: indumenti, ferri da mulino, calici, lampade, utensili, strumenti agricoli… perfino la campana della chiesa di Lusernetta!
Gli storici di parte cattolica descrivono l’11 giugno 1663 come uno dei più duri per la popolazione del borgo di Luserna e, appunto, di Lusernetta, messe a ferro e fuoco da cinquecento uomini «armati di tutte pezze» e guidati da Giosuè Gianavello.
Scesa la Val Luserna, erano penetrati a Luserna dalla porta di San Marco e – secondo la ricostruzione di Domenico Lorenzo Garola – si erano abbandonati a «saccheggio, rapina e total ruina. Le chiese furono le prime a subir l’impeto del lor malnato furore».
Erano ormai otto anni che i valdesi avevano organizzato una resistenza armata contro le truppe inviate dal Duca di Savoia per imporre la conversione al cattolicesimo e il sequestro delle terre. Per reprimere la rivolta dei valdesi, all’inizio del 1663 era stato incaricato «quale Governatore del Forte della Torre il conte Bartolomeo di Bagnolo, uomo violento e risoluto (…). A lui s’aggiunse nel giugno il marchese di Fleury con altre milizie fresche» riporta Attilio Jalla.
L’11 Gianavello passò al contrattacco, anche per approvvigionare i suoi uomini. Saccheggiò diverse case patrizie e borghesi, come riporta il verbale del processo che ne seguì: «Alli undici del mese di giugno risulta (…) che nella contrada Leale (verso la cruciata) la casa del signor Claudio Brianza official del soldo ebbe gli usci aperti e spalancati, e saccheggiata affatto con frattura di molti coffani. Quella di mastro Stefano Martino pur saccheggiata con porte rotte e fracassate. Quella di Battista Perigotto saccheggiata. Quella d’Anna Maria Canale, quella di messer Enrico Appia e signor Francesco Federico Carignani, quella d’Eliseo Marinetti, quella di Stefano Stoisa, quella d’Anna Maria Marchisia, del signor Giovan Battista Danesio, dell’illustrissimo signor conte Bartolomeo Parpaglia, tutte case affatto saccheggiate e fracassati li mobili che dentro si trovavano».
Non furono risparmiate le proprietà di «Onorato il fornaro, (…) di messer Francesco Alfasso sindaco, (…) del signor conte Giovanni Battista Rorengo». Negli atti del processo si citano «altri misfatti commessi da banditi e religionari delle Valli, come si è l’aver ucciso il fu messer Claudio Laurenti e ferito Innocenzio Eyminia».
I monaci del convento dei Servi di Maria dell’Annunziata furono catturati e condotti da Gianavello. Quegli decise di liberarli, ma quando i frati tornarono al convento lo trovarono spogliato di ogni bene.
Nelle settimane successive, le truppe del Fleury salirono nel vallone d’Angrogna ma non riuscirono a piegare la resistenza di Gianavello, che nel mese di luglio reagì con altre scorribande a Luserna, Bibiana e Bricherasio.

Fonti: Domenico Lorenzo Garola, Documenti Istorici di Luserna e dei Luoghi di sua Valle (1832), edito dal Comune di Luserna San Giovanni nel 2003; Attilio Jalla, I luoghi dell’azione eroica di Giosuè Gianavello, 1940, Società di Studi Valdesi.

Immagine: Frontespizio del manoscritto di Garola in cui sono riportati stralci degli atti del processo.

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