17 febbraio 1919: Una festa di libertà dopo indicibili sofferenze
Il 17 febbraio 1919 la festa dell’emancipazione valdese ebbe un sapore particolare. Era la prima in tempo di pace, dopo la straziante esperienza della guerra.
«Negli ultimi quattro anni – scriveva il direttore de L’Écho des Vallées, il pastore Carlo Alberto Tron (la traduzione dal francese è nostra) – sotto il peso della guerra, dell’ansia, del lutto, lo spirito era troppo teso per permetterci di indulgere nella gioia santa e pura. Quest’anno non è più così, grazie a Dio: a Parigi dei cristiani sinceri, degli uomini eminenti sono all’opera per preparare una pace lunga e duratura, chiamata a proclamare il trionfo della giustizia e della libertà, degli individui come dei popoli (…). Il 17 febbraio è proprio il giorno solenne della libertà, ottenuta dopo secoli di lotta, di angosce, di incredibili vicissitudini», scrisse Tron tracciando un parallelismo tra i temi in discussione alla conferenza di pace di Versailles e quanto stabilito con le Lettere Patenti concesse da re Carlo Alberto.
Quel primo 17 febbraio di pace, tuttavia, era gravato dal ricordo della guerra. Al tempio di San Bartolomeo, a Prarostino, ospitò una solenne commemorazione dei caduti della parrocchia valdese: ben 42 – appartenenti ai Comuni di Prarostino, Roccapiatta e San Secondo – i cui nomi furono letti, uno per uno, secondo l’ordine cronologico di morte.
Intervenne il tenente Pascal, che per tutta la guerra era stato cappellano militare del battaglione 3º Alpini “Pinerolo”. Furono onorati, tra gli altri, il maggiore del 63º reggimento di Fanteria Daniele Costantino, decorato con medaglia d’argento; il tenente mitragliere Camillo Gay; il bersagliere Nicodemo Ido Paschetto, decorato con medaglia di bronzo.
Alla solenne commemorazione partecipò il deputato del Collegio, Edoardo Giretti, che – secondo La Lanterna pinerolese – tenne «uno splendido discorso, portando la sua personale simpatia alle famiglie che sono state chiamate a un così grande sacrificio, degno non solo della patria ma della futura Lega dei popoli, basata sulla giustizia e sul diritto».
In quei primi mesi di pace, la speranza che – dall’orribile massacro – potesse nascere un mondo più giusto era molto diffusa. Grandi onori furono riservati al presidente americano Woodrow Wilson, cui era stata dedicata ad esempio la strada principale di Luserna San Giovanni. Alla festa del 17 febbraio di Torre Pellice, in particolare durante il pranzo all’Albergo dell’Orso cui presero parte «una settantina di cittadini e cittadine rappresentanti le varie parti della popolazione valdese e israelitica» del paese, il pastore Carlo Alberto Tron, che era anche vice-moderatore della Tavola valdese, inneggiò «all’opera di Wilson, alla salute del quale propose un brindisi, accolto da vivi applausi».
Il sindaco Davide Jahier si unì al brindisi e auspicò che la festa del 17 febbraio diventasse «più civile e con la partecipazione di tutta la cittadinanza».
Fonti: L’Écho des Vallées del 14 febbraio 1919; La Lanterna pinerolese del 22 febbraio 1919.
Immagine: La Sala Albarin di San Giovanni allestita per la festa del 17 febbraio. La foto risale al 1907, è di Henri Peyrot ed è custodita presso l’Archivio fotografico valdese.