17 giugno 1969: muore Enrico Persico, fisico sfollato a Torre
Doveva ancora compiere 69 anni, Enrico Persico, quando il 17 giugno 1969 il suo cuore cedette. Fisico di talento, da sempre amico di Enrico Fermi, viveva a Roma, ma era figlio del mondo: nato nella Capitale da due coniugi napoletani, aveva trascorso l’esistenza – tra studi e insegnamento – a Cambridge, Firenze, Torino, Québec e, appunto, Roma.
Fisico teorico, esperto di meccanica quantistica, divulgatore della cultura scientifica e autore di manuali su cui si sono formate generazioni di studenti, Persico legò il suo nome a quello di Torre Pellice durante la seconda guerra mondiale. Qui visse, per quasi tre anni, come sfollato, nel periodo più duro dei bombardamenti su Torino.
La Val Pellice era diventata un rifugio per intellettuali, ebrei, artisti, calciatori e scienziati. Tra questi c’era Francesco Giacomo Tricomi, matematico napoletano di fama e amico di Persico. Fu lui a convincere il fisico a seguirlo a Torre Pellice, come racconta in una lettera del 1974 a Franco Rasetti (altro scienziato di grande importanza): «Ho conosciuto molto bene il nostro comune amico Persico, non solo perché fu mio collega qui a Torino dal 1929 al 47, ma anche perché coabitò con me e la mia famiglia durante lo “sfollamento” degli anni di guerra (1942-45)». In quel periodo Enrico Persico attraversava una profonda depressione in seguito alla morte dell’anziana madre, di cui si riteneva responsabile. Era infatti deceduta per le conseguenze di un incidente stradale, avvenuto mentre la conduceva in un convento della Toscana per sottrarla al pericolo dei bombardamenti su Torino. «Tale depressione fu così prolungata che allorché, nel novembre 1942, i bombardamenti divennero davvero minacciosi, egli era così apatico e senza volontà che dei vicini di casa lo strapparono quasi a forza dal suo alloggio (…). E poco dopo fui io stesso a trascinarmelo meco a Torre Pellice, mettendogli a disposizione una camera che era libera, nell’appartamento in cui ero sfollato assieme coi miei, dando così origine ad una simpatica convivenza prolungatasi fino all’armistizio del settembre 43. Ma anche dopo che io dovetti darmi alla montagna (…) perché troppo compromesso contro il fascismo, Persico continuò a vivere a Torre Pellice e fu di valido aiuti ai miei, nonostante che il coraggio fisico non fosse la sua qualità più spiccata. Ricordo che più tardi ci trovammo insieme (io ero tornato a Torre nel maggio del 45) quando giunse la notizia della bomba atomica di Hiroshima. Non ne fummo troppo stupiti perché precedentemente avevamo discusso più volte assieme della possibilità di qualcosa del genere, concludendo che tutto dipendeva dal valore numerico, allora sconosciuto, di una costante: il numero medio di neutroni liberati da un nucleo di uranio quando ne assorbiva uno. Perciò il nostro quasi simultaneo commento alla notizia fu: “Si vede che quella costante era sufficientemente grande”».
Enrico Fermi, rifugiatosi negli Stati Uniti nel 1938, era stato uno dei grandi protagonisti del Progetto Manhattan, che aveva portato alla realizzazione della bomba atomica. La lunghissima corrispondenza tra Fermi e Persico dovrebbe essersi interrotta nel 1940, all’ingresso in guerra dell’Italia, e non ci sono prove che i due siano rimasti in contatto anche durante il periodo torrese. Tuttavia, nell’archivio Fermi, si conservano alcune lettere di Persico ad altri fisici – ad esempio Gian Carlo Wick – scritte proprio dalla Val Pellice: il dibattito sulla bomba atomica e sulle sue conseguenze sul piano scientifico ed etico vide per certi versi come scenario anche la nostra valle.
Fonti: Edoardo Amaldi, Giovanni Battimelli, Giovanni Paoloni, 20th Century Physics: Essays and Recollections, World Scientifics, Singapore; Giovanni Battimelli, Dizionario biografico degli italiani, Treccani; www.fondazionegalileogalilei.it.
Immagine: Fisici italiani a Gressoney-La-Trinité, nel 1932: Enrico Persico è in centro, alla sua destra (per chi guarda) c’è Enrico Fermi. (immagine da Wikipedia – CC0).