17 marzo 1897: l’esploratore Bòttego, formatosi a Pinerolo, muore in Etiopia
Il 17 marzo 1897, a Daga Roba (Etiopia), moriva Vittorio Bòttego, esploratore e naturalista originario di San Lazzaro di Parma ma molto noto a Pinerolo, dov’era stato ufficiale. Bòttego, che non aveva ancora compiuto 37 anni, stava guidando l’ennesima spedizione esplorativa nel corno d’Africa. La situazione politica, tuttavia, era tutt’altro che favorevole: un anno prima, infatti, le truppe italiane erano state sbaragliate ad Adua e il negus Menelik II controllava completamente il territorio. Pare che gli etiopi non fossero pregiudizialmente ostili a Bòttego, che era celebre a livello internazionale per il valore dei suoi studi e che probabilmente avrebbe ricevuto in breve tempo un lasciapassare. Ma il carattere impetuoso dell’esploratore lo spinse a forzare la mano e a provare ad aprirsi un varco scendendo dalla collina dove era stato bloccato dagli abissini, trovando la morte.
Vittorio Bòttego aveva cominciato giovanissimo la carriera militare: entrato all’Accademia di Modena, aveva frequentato la scuola di applicazione di artiglieria e genio a Torino, approdando infine alla celeberrima scuola di applicazione di Pinerolo, dove si formavano i più promettenti ufficiali del Regno. Bòttego ne uscì con il grado di tenente di artiglieria.
Fu proprio a Pinerolo che, nel 1887, maturò la decisione che gli avrebbe cambiato la vita. In quegli anni l’avventura coloniale italiana era agli esordi. Dopo aver acquisito nel 1882 il porto di Assab, il Regno s’impadronì anche di Massaua e da qui pianificò l’espansione verso l’interno.
Quelle terre, tuttavia, erano largamente sconosciute agli europei. Bòttego chiese e ottenne di essere assegnato al corpo speciale di ufficiali inviato in Eritrea: sbarcato a Massaua nel novembre 1887, avviò, parallelamente all’impegno militare, una serie di ricerche di carattere geografico e naturalistico. Partecipò, nel 1889, all’occupazione di Asmara.
Dopo aver pianificato di esplorare la Somalia interna, ripiegò – nel 1891 – su una missione in Dancalia, nell’Eritrea meridionale. La pubblicazione della relazione Nella terra dei Danakil: giornale di viaggio gli assicurò una certa fama, anche al di là del mondo accademico.
Nel 1892 convinse il Governo e la Società geografica italiana a contribuire a una nuova avventura: l’esplorazione del Giuba. Superando numerosi ostacoli naturali, la carenza di viveri, le scaramucce con gli autoctoni e la defezione del capitano Matteo Grixoni, Bòttego rimase con una sessantina di ascari, undici cammelli e venti tra muli e asini. Nonostante la scarsità di mezzi, raggiunse luoghi che mai un bianco aveva potuto visitare.
Approdato a Lugh, salvò alcuni esploratori europei rimasti prigionieri in precedenti spedizioni. La sua grande ambizione lo spinse a porsi sempre nuovi obiettivi. Nonostante la morte di diversi compagni e il clima sempre meno favorevole agli italiani, Bòttego proseguì nelle esplorazioni fino a incontrare la morte.
Fonti: Salvatore Bono, Dizionario biografico degli italiani, Treccani, 1971.
Immagini: Il capitano Vittorio Bòttego in una foto di poco successiva al suo soggiorno pinerolese. A destra, in un’immagine che ricorda l’occupazione italiana di Asmara.