18 marzo 1912: l’esperanto e l’illusione della pace
Erano trascorsi venticinque anni, da quando il medico oftalmologo russo-polacco Ludwik Lejzer Zamenhof aveva dato alle stampe Unua libro, cioè il primo libro nella lingua da lui inventata: l’esperanto. Quest’idioma artificiale, con regole grammaticali molto semplici e parole derivate dalle principali lingue europee, incarnava gli ideali dell’epoca a cavallo tra il XIX e il XX Secolo: internazionalismo, pacifismo, speranza nel progresso. Esperanto significa colui che spera: in un mondo senza guerre di cui una lingua unica comprensibile da tutta l’umanità sia un logico strumento.
All’ottavo Congresso universale della Pace, svoltosi ad Amburgo nel 1897, ci fu chi sostenne l’importanza dell’adozione dell’esperanto – anziché del latino o del francese – come lingua franca tra persone di buona volontà.
Anche la Val Pellice vantava un esperantista convinto, che non solo era in grado di scrivere e di esprimersi nell’idioma inventato da Zamenhof ma – tra le sue tante attività – favorì la nascita, nel 1912, di un circolo esperantista a Torre Pellice: era Alessandro Vinay, pastore valdese, docente di greco e latino al Collegio valdese, di cui fu anche preside, nonché responsabile della Biblioteca valdese. Pacifista e aperto alle istanze dell’internazionalismo – fondatore del sottocomitato di Torre Pellice della Croce Rossa, di cui fu presidente per 35 anni – Vinay era delegato dell’Associazione Esperantinsta Universale. Sotto le insegne del circolo Esperanta Rondeto, promosse un corso di esperanto strutturato in lezioni teorico-pratiche ospitato nelle aule del Collegio valdese. Agli incontri – che cominciarono il 18 marzo 1912, alle 20 – presero parte oltre cinquanta persone.
È particolarmente interessante rilevare come la passione per l’esperanto unisse persone di idee, età, estrazione sociale e fede diverse. D’altro canto, nell’appello lanciato attraverso L’Avvisatore Alpino l’8 marzo 1912 per la riunione fondativa del circolo esperantista, s’invitava alla partecipazione «il pubblico, senza distinzione di classe».
Da L’Avvisatore Alpino del 22 marzo si apprende che il primo presidente del circolo Esperanta Rondeto fu lo stesso Vinay; «il prof. Ed. Longo vicepresidente-cassiere, il sig. Em. Tourn studente liceale segretario-bibliotecario (…). Fra i partecipanti al corso già aderirono parecchie signore, i sigg. Pasquet Al. ed Em., A. Coïsson tipografo, don Martin, Hugon Davide e molti studenti liceali Si dichiarò fautore dell’idea il prof. Falchi».
La Biblioteca valdese di Torre Pellice conserva alcuni volumi in esperanto, tra cui un Nuovo testamento che fu proprietà di Alessandro Vinay.
La scoppio della Grande Guerra inflisse un colpo tremendo alle speranze degli esperantisti e l’affermazione dei nazionalismi compromise il sogno di un’umanità unita da una sola lingua. L’esperanto, tuttavia, è coltivato ancora oggi da una minoranza di persone in Europa, Sud America, Asia: si stima che gli esperantisti siano tra i 200.000 e i due milioni.
Fonti: L’Avvisatore Alpino dell’8 marzo 1912, L’Avvisatore Alpino del 22 marzo 1912; L’esperanto in dieci lezioni, Livorno, Raffaello Giusti, 1910; Gaston Moch, Rapport sur la question de la langue internationale, 1897.
Immagine: Alessandro Vinay, in una foto giovanile conservata dall’Archivio fotografico valdese; copertina di un libretto di propaganda esperantista che cita, tra gli altri, Tolstoj e Pio X.