19 marzo 1931: l’eroe del volo Damonte muore in un incidente aereo
L’idrovolante Savoia Marchetti S.64 bis, con ai comandi Umberto Maddalena e Fausto Cecconi, due assi del volo celebratissimi nell’Italia fascista, sta volando da Cinisello Balsamo a Montecelio. È un itinerario di trasferimento: davvero uno scherzo per chi aveva percorso distanze da record stupendo il mondo intero. Il motorista è il torrese Giuseppe Damonte, esperto sottotenente, protagonista di straordinarie imprese. Già nel 1920 era stato tra i prescelti da Gabriele D’Annunzio per il raid Roma-Tokyo. Tra il 17 dicembre 1930 e il 15 gennaio 1931, invece, aveva conquistato le prime pagine internazionali per essere riuscito – insieme al comandante Italo Balbo e ad altri campioni dell’aria – ad attraversare l’Atlantico, raggiungendo il Brasile: la prima crociera transatlantica di massa, con dodici velivoli in grado di giungere a Rio de Janeiro partendo da Orbetello. Per questa pionieristica avventura – in cui erano morti alcuni coprotagonisti – Giuseppe Damonte era stato insignito della medaglia d’oro.
Il 19 marzo 1931, Maddalena, Cecconi e Damonte – che fanno squadra da tempo – sono attesi a Roma per pianificare gli allenamenti per un nuovo raid transoceanico che li avrebbe portati sull’isola di Cuba. Invece, il 19 marzo 1931, per cause mai accertate, l’apparecchio si disintegra in volo, all’altezza della spiaggia di Marina di Pisa.
Il disastro suscita una grande impressione in tutto il Paese. A Torre Pellice, dove Giuseppe Damonte era nato (nel 1899) e cresciuto (in frazione Santa Margherita), il ricordo di “Pinot”, com’era soprannominato all’epoca in cui frequentava la Scuola Mauriziana, è ancora vivissimo. Si era trasferito a Torino da quasi vent’anni, entrando alla Fiat Aviazione come meccanico e in seguito come motorista. Le sue abilità gli avevano consentito di mettersi in mostra, diventando probabilmente il migliore d’Italia e tra i migliori del mondo.
A Torre Pellice, “Pinot” Damonte era rimasto legato per le tante amicizie d’infanzia e per la presenza della nonna materna, nota a tutti come “Ciota”. Ecco perché, quando il 5 novembre 1931 il Comune gli dedica una targa commemorativa e un viale, la partecipazione popolare è immensa. Presenziano alla cerimonia le diverse autorità dell’Aviazione, della Fiat e naturalmente del regime fascista, che lo celebra come un eroe. Viene letto il saluto speciale di Italo Balbo, legato a Damonte da vincoli di amicizia. Tocca al podestà di Torre Pellice, Ettore De Carolis, che a sua volta era stato un pioniere del volo, lanciare l’appello gridando il nome di Damonte. L’inchiesta sulle cause della sciagura non giungerà ad alcuna conclusione certa. Due le ipotesi principali: la rottura della coda e un’esplosione interna, a causa dell’accumulo di vapori infiammabili (uno dei piloti era noto come un accanito fumatore).
Fonti: La Voce del Pellice del 27 marzo 1931; La Stampa del 25 e 26 marzo 1931; Elso Varalli, Sesto Calende “porto di cielo”.
Foto: Il Savoia Marchetti S64 su cui volata Giuseppe Damonte il giorno della morte.