L'Ora del Pellice

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1º ottobre 1911: soldati e militi della Croce rossa partono per la Libia

Il Governo la considerava una passeggiata militare: una percezione molto ottimistica che la stampa vicina a Giolitti trasmise all’opinione pubblica. E così, quando domenica 1º ottobre 1911, da molte località d’Italia, partirono i richiamati per quella che sarebbe passata alla storia come la guerra di Libia, furono organizzate feste di saluto e manifestazioni di giubilo.
«Abbiamo visto le stesse madri dei richiamati, non diciamo ad applaudire, ma, amanti del bene della patria, a rassegnarsi alla separazione dei figli», commentò L’Eco del Chisone sull’edizione del 7 ottobre.
Domenica 1º ottobre avevano lasciato la valle – sul treno diretto delle 6,55 – ben 32 militi (come si chiamavano all’epoca) della Croce Rossa. S’imbarcarono per la Libia l’assistente amministrativo, il maresciallo Giovanni Bonjour di Bobbio Pellice, il furiere brigadiere Stefano Forneron di Torre Pellice, gli infermieri Silvestro Aglì, Giovanni Giacomo Bertalot II, Giovanni Legger, Lamy Malan e Alessandro Odin di Angrogna; Giuseppe Buttero, Francesco Marsero e Domenico Verda di Bibiana; Stefano Bertinat e Stefano Garnier di Bobbio; Gianbattista Morero di Bricherasio; Alessandro Albarin, Enrico Benech Sindracco, Michele Frache, Augusto Malan, Giovanni Giacomo Ricca, Giovanni Paolo Roman e Onorato Traverso di Luserna San Giovanni; Francesco E. Alessio, Francesco Armand, Luigi Bertea, Giovanni Giacomo Bertalot I, Alessio Barale, Crescentino Peyretti, Davide Enrico Ricca, Domenico Sartoris e Matteo Emilio Sibille di Torre Pellice; Pietro Frache, Giovanni Püy e Giovanni Ricca di Villar Pellice. Insieme a loro, nove infermieri ed inservienti di San Secondo di Pinerolo, Prarostino e Roccapiatta, un furiere di Viù ed a un cuoco di Torino: tutti incaricati di allestire in Tripolitania l’Ospedale n° 31.
Altri giovani furono chiamati sotto le armi e partirono lo stesso giorno, ma i giornali non riportano l’elenco completo.
L’atmosfera era allegra e scanzonata, al punto che L’Avvisatore Alpino, nel salutare i tre componenti della banda cittadina di Torre Pellice chiamati a servire la patria a Tripoli, li definì nel titolo, spiritosamente, Tre disertori.
In realtà, qualche voce contraria all’intervento militare contro l’impero Ottomano in Libia si era levata anche in Val Pellice e nel Pinerolese. Ma era flebile e isolata. Il Pellice, che all’epoca era un foglio radicale e pacifista, stigmatizzò ad esempio «la canzone intuonata con voce squillante dalla stampa ufficiosa, e ripetuta con stupefacente incoscienza da microcefali imberbi, e da rimbambiti canuti, usi alle suggestioni dei paroloni ad effetto del grande giornale».
La campagna di Libia fu tutt’altro che breve e semplice. Occorsero molti mesi per aver ragione delle pur limitate forze ottomane, mentre la guerriglia araba proseguì fino agli anni Trenta.
Non tutti i figli delle valli salutati così gioiosamente fecero ritorno. Moriranno, ad esempio, tre militi della Croce Rossa: Emilio Sibille di Torre Pellice, Augusto Malan di Prarostino e Michele Frache di San Giovanni, la cui tomba fu fotografata in Libia da Corrado Jalla nel 1912.

Fonti: Daniele Arghittu, I giornali raccontano, Claudiana, 2010; Il Pellice, 29 settembre 1911; L’Eco del Chisone, 7 ottobre 1911; L’Avvisatore Alpino, 27 ottobre 1911.

Immagine: La tomba in terra di Libia dei militi della Croce Rossa Emilio Sibille di Torre Pellice, Augusto Malan di Prarostino e Michele Frache di San Giovanni. L’immagine fu scattata da Corrado Jalla nel 1912 ed è custodita presso l’Archivio fotografico valdese.

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