20 maggio 1884: Azzario, il ferroviere antifascista dal destino misterioso
Isidoro Azzario nasce a Pinerolo il 20 maggio 1884: su questo dato e sugli anni della giovinezza le fonti non sono in contraddizione.
La sua è una figura di proletario, che trova impiego nelle ferrovie, diventa capostazione e matura una coscienza politica importante. È tra gli attivisti che partecipano alle lotte sindacali, a Torino, durante la prima guerra mondiale. Alla conclusione del conflitto assume incarichi via via più importanti in seno al Sindacato ferrovieri italiani.
Aderisce al Partito Comunista d’Italia e lo rappresenta, nel 1921, al Congresso nazionale della Cgdl, la Confererazione generale del lavoro (antesignana della Cgil). Direttore del foglio comunista Il sindacato rosso, è membro del Comitato centrale del Partito e, nel 1922, partecipa al IV Congresso dell’Internazionale comunista a Mosca. Quello stesso anno perde il lavoro per motivi politici, insieme ad altri 47.000 ferrovieri. Viene arrestato per la prima volta, a Cuneo, nel 1923. Processato e assolto, entra in semi-clandestinità.
Vicino alle posizioni di Antonio Gramsci, è preso di mira dagli squadristi fascisti, fino a quando – nel 1925 – è costretto ad espatriare. Dapprima in Francia, dove interviene, come Palmiro Togliatti, al Congresso di Lione. Poi parte per la Russia, sempre insieme a Togliatti e ad altri delegati del Partito comunista italiano, e arriva a Mosca il 14 febbraio 1926.
In Unione Sovietica, il ferroviere originario di Pinerolo assume il nome di Lavini. Vive nel celebre Hotel Lux ed entra nel Profintern, l’internazionale sindacale. In questa veste è inviato in missione in America Latina. Riconosciuto a Panama, è arrestato nel 1927.
A questo punto, le fonti iniziano a divergere pesantemente. Pare che durante il rientro in Europa, sulla nave Leme, Azzario abbia scritto – usando un barattolo di vernice – “W il comunismo, abbasso il fascismo, a morte il capitalismo”. Un gesto di ribellione che gli costa caro. I suoi carcerieri lo legano, lo gettano in mare e lo trascinano per diverse ore. Poi lo ripescano, in uno stato mentale gravemente compromesso. Che le sevizie subite sulla nave siano state l’origine dei suoi problemi psicologici o li abbiano aggravati, sta di fatto che Azzario – incarcerato in Italia – dà evidenti segni di squilibrio, al punto che la sua posizione, al processo che vede imputati anche altri importanti dirigenti comunisti, è stralciata. La condanna è egualmente durissima: a 15 anni e 10 mesi di reclusione per “istigazione alla guerra civile” (oppure a 10 anni per “cospirazione e propaganda comunista”).
Alcune fonti autorevoli – come il Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani – sostengono che Isidoro Azzario sia morto in un manicomio criminale nel 1929 o nel 1930. Altre, invece, attestano la sua sopravvivenza durante l’intero periodo della condanna, concluso con il confino alle Tremiti. Tornato in libertà nel 1943, riesce a raggiungere il Varesino, dove, nel secondo dopo guerra, ottiene di tornare in servizio come ferroviere, capostazione a Luino.
Riprende anche l’attività sindacale, scagliandosi contro le eredità fasciste nell’organizzazione ferroviaria dell’Italia post-bellica. Ormai su posizioni anarchiche, Azzario viene isolato dai comunisti, e di lui si perde definitivamente ogni traccia.
Fonti: Giorgio Bocca, Togliatti, Feltrinelli, 2014; Giorgio Fabre, Lo scambio. Come Gramsci non fu liberato, Sellerio, 2015; Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea di Cuneo; Alberto Caracciolo, voce in Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani; www.ecn.org.
Immagine: Isidoro Azzario e un frammento di Il sindacato rosso, il giornale da lui diretto nei primi anni Venti del secolo scorso.