L'Ora del Pellice

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27 gennaio 1906: già preoccupa l’inquinamento del Pellice

Lo spunto lo offre una polemica apparentemente di poco conto, seguita a uno dei tanti veglioni che, nella Belle Époque, venivano organizzati per beneficienza in ogni Comune.

Il 27 gennaio 1906, a Campiglione, la sala comunale fu addobbata a festa per ospitare le persone più in vista del paese. Si ballò fino a tardi e ci si divertì, raccogliendo fondi per progetti solidali.

Sul Corriere pinerolese del 10 febbraio, un anonimo polemista stigmatizzò la frequenza di queste serate e soprattutto la facilità con cui veniva concessa la sala comunale per questi scopi. «Forse che i (…) campagnuoli – si chiese retoricamente – debbano concorrere a mantenere il buon tempo ai signori del paese? Ma si dirà: è scopo di beneficienza. E chi non sa quanto han già fruttato fino ad ora queste feste della beneficienza? Zero più zero uguale a zero».

Sin qui non si va oltre la curiosità. Ma l’articolo al vetriolo del Corriere pinerolese apre uno scenario assai più interessante. Parlando delle reali necessità del paese, l’articolista citò il problema dell’inquinamento del torrente Pellice, che stava assumendo proporzioni preoccupanti.

«Non sarebbe molto miglior opera il procurare, anche ricorre[ndo] a chi di dovere, che si abbia l’acqua proveniente dal torrente Pellice pura, perché tutto il paese se ne serva come bevanda e per la confezione dei cibi?».

«Nello stato attuale, stante le “porcherie” (così si dicono) che dalle fabbriche di Torre Pellice vengono versate nel torrente, è imbevibile e non usabile – sottolineo l’articolista del Corriere pinerolese –; eppure i pozzi mancano o sono asciutti, e così la gente (…) si beve impunemente le malattie. Questa povera gente non conosce e non può conoscere e c’è chi grida: Chi è causa del suo mal pianga se stesso».

Fonti: Corriere pinerolese, 10 febbraio 1906.

Immagine: Il Pellice con, sullo sfondo, le ciminiere delle fabbriche che lo usavano per acquisire l’energia al movimento dei macchinari ma anche per riversarvi gli scarti.

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