L'Ora del Pellice

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29 gennaio 1965: gli operai occupano Pralafera

La Domenica de L’Ora, il nuovo appuntamento settimanale per scoprire il nostro territorio. Una ricorrenza per ogni domenica dell’anno, un ricordo di ciò che fu per capire chi siamo oggi.

Un’azione coraggiosa, nel tentativo di opporsi a un destino ormai segnato. Il 29 gennaio 1965 gli operai della Mazzonis occuparono lo stabilimento di Pralafera. Non era la prima volta, nella lunga storia dell’azienda lusernese, fonte di lavoro e di reddito per centinaia di famiglie della valle: già nel gennaio 1920 Pralafera era assurta alle cronache nazionali per essere stata la prima fabbrica occupata in Italia durante il biennio rosso. Se all’epoca si lottava per migliori condizioni salariali, nel 1965 era in gioco la sopravvivenza stessa della filatura e tessitura.

L’obsolescenza dei macchinari e la stessa concezione industriale dei Mazzonis, fortemente improntata al paternalismo, impedivano un’adeguata risposta alle nuove sfide imposte dal mercato, condizionato dalla spietata concorrenza dei prodotti provenienti dai Paesi emergenti, in particolare Turchia ed Egitto.

Verso la fine di gennaio la direzione aziendale stabilì il ricorso alla cassa integrazione a zero ore per 70 dipendenti: un pessimo segnale, visto che – dei 1050 lavoratori nominalmente in forza alla Mazzonis – oltre 550 erano già costretti a casa dalla crisi. Le maestranze decisero così dapprima per uno sciopero bianco, poi per l’occupazione vera e propria dello stabilimento. Il proprietario, Nanni Mazzonis, si precipitò a Luserna San Giovanni per assicurare la ricerca di nuovi mercati, in grado di rilanciare la produzione. Ma agli occhi di tutti la situazione era chiara. E disperata.

Sottoposto a fortissime pressioni sindacali e politiche, il sindaco democristiano di Luserna San Giovanni, Giuseppe Gastaldetti, gettò la spugna e si dimise. Fu un giovane assessore, Benito Renato Martina, anch’egli della Dc, a reagire con piglio deciso, facendo ciò che Gastaldetti aveva rifiutato: l’8 febbraio requisì la fabbrica per motivi di ordine pubblico, assumendone la responsabilità a nome del Comune. Un atto simbolico, che la Prefettura annullò. Ma il caso era diventato nazionale. La fabbrica chiuse, tuttavia l’occupazione da parte degli operai e la requisizione decisa da Martina crearono i presupposti per il riconoscimento della valle come “area depressa”, favorendo l’insediamento di nuove realtà industriali (ad esempio la Caffarel).

Nella foto – L’articolo dedicato da La Stampa all’occupazione della Mazzonis, nell’edizione del 30 gennaio 1965. Il materiale è di proprietà dell’Editrice La Stampa S.p.A., in licenza Creative Commons 2.5.
Fonti – La Stampa, Valter Careglio – Quando il telaio scricchiola.

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