L'Ora del Pellice

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9 luglio 1886: la peronospora distrugge le viti

Nell’estate 1886 la diffusione della peronospora, una delle più gravi malattie della vite, mise in ginocchio la produzione vinicola della Val Pellice e degli immediati dintorni. Causata dal fungo Plasmopara viticola, la peronospora era una minaccia nuova e terribile, giunta dal Nord America. La vite europea era completamente indifesa e le perdite furono quasi totali.
Il 9 luglio 1886 L’Avvisatore alpino titolava Prarostino – La peronospora ci invade, dando conto della visita di una prestigiosa delegazione alle vigne colpite dalla malattia: «Il prof. sig. Savorgnan, in compagnia dei signori Cav. Caffaratti, Sindaco di Bricherasio, Cav. Robert, Ferrero medico veterinario, Perino farmacista, ed una sessantina di proprietari, si recarono alla cascina di proprietà del sig. Cesare Rostagno, ai Tilla, e assistere alla conferenza e disinfezione delle viti colpite dalla terribile malattia, il tutto egregiamente condotto da prelodato professore (Savorgnan era considerato il massimo esperto della zona e rappresentava il Comizio Agrario di Pinerolo, ndr). Si è riconosciuto che col solfato di rame e col latte di calce si combatte efficacemente la malattia».
Una presa di posizione che peccava di ottimismo, ma si trattava comunque dei primi tentativi di arginare il flagello. Diverse persone dimostrarono notevole intraprendenza: Matteo Ayassot, detto Sindic, un lusernese che viveva in Regione Gambrero, si mise a commercializzare una macchinetta per la somministrazione di latte di calce. Il dottor Malan di Fontebella (Airali) scrisse numerosi articoli su L’Avvisatore alpino per illustrare la profilassi da seguire.
Curiosamente, anche il parroco di Fenile, don Lasagno, fu citato dai giornali per la sua competenza nella lotta alla peronospora. Quando il 20 luglio 1886 furono trovate le prime tracce della malattia anche a Torre Pellice, in zona Coppieri, il sacerdote, che si trovava casualmente in paese, diffuse la sua ricetta «reputata la più efficace per espellere contemporaneamente l’erinosi, la crittogama e la peronospora. in parti uguali cioè un terzo per qualità: 1. Zolfo comune puro. 2. Cenere non liscivata (meglio di forno). 3. Calce spenta in polvere. Il tutto bel mescolato e quindi passato al setaccio, da somministrare per mezzo del soffietto a zolfo, nelle ore solatie del giorno. NB: Mirare a colpire piuttosto la pagina inferiore delle foglie, dove risiedono i parassiti».

Fonti: L’Avvisatore alpino del 9 luglio 1886 e seguenti.

Immagine: Prarostino, uno dei Comuni della zona a più forte vocazione vitivinicola, in una cartolina d’epoca.

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