L'Ora del Pellice

Il giornalibro che racconta le storie, di ieri e di oggi, della Val Pellice, di Pinerolo e dei dintorni

C’era una volta

Ricordi e racconti

Un viaggio alla scoperta delle nostre valli… in francese e occitano

In questa pagina trovate un “album parlante” realizzato da Hari – L’Ora del Pellice grazie ai finanziamenti legati alla legge 482 del 1999 per la tutela e la promozione delle lingue minoritarie, in convenzione con l’associazione culturale La Valaddo.
In questi video oltre venti persone legate alle nostre valli si sono raccontate: chi ci ha parlato del proprio lavoro, chi della propria vita, chi dei ricordi di infanzia. C’è la guerra, ci sono mestieri che si stanno perdendo, c’è l’emigrazione vista con gli occhi di chi l’ha vissuta a inizio Novecento oppure un secolo dopo e ci sono le speranze, mai davvero sbocciate (almeno in Italia), di un territorio – l’Occitania – con rivendicazioni e bisogni specifici.
Abbiamo chiesto ai nostri testimoni di parlare, quando possibile, in francese o in patuà. I video sono sottotitolati in lingua e in italiano (per rendere visibili i sottotitoli basta cliccare sull’icona dell’ingranaggio, andare su sottotitoli e spuntare la lingua desiderata), per facilitarne la comprensione. Le diverse inflessioni sono parte della ricchezza di questi video.
Abbiamo percorso un viaggio che non conosce confini, al di qua e al di là delle Alpi, perché la montagna non ha mai diviso, ma al contrario ha sempre unito. E continua a unire.

Abbiamo passato una giornata in compagnia di Marco Genre, insegnante di italiano originario di Pinerolo, e alcuni dei suoi studenti che frequentano la Cité Scolaire Internationale de Grenoble e che parlano correttamente sia il francese sia l’italiano. Genre ci ha accompagnato nel suo lavoro e nella città che da qualche anno è diventata casa sua.
Carlotta Colombatto, curatrice del Museo regionale dell’Emigrazione Piemontese nel mondo di Frossasco, ci ha condotto in un viaggio attraverso l’emigrazione di ieri, quando erano i nostri connazionali a lasciare l’Italia per motivi economici, per migliorare la propria qualità di vita.
Mohamed Naciel è uno studioso marocchino che frequenta il Queyras da 30 anni. Ha comparato la Regione francese con una valle del suo Paese d’origine, approfondendo in particolare i rapporti storicamente presenti tra la Regione francese e il Piemonte. L’aspetto che emerge con maggior forza dalla sua analisi è la volontà delle popolazioni di comunicare indipendentemente dai confini.
Raimondo Genre ci ha accolto nella sua casa a Villasecca (a Perrero) raccontandoci del suo viaggio a ritroso dalla Francia. Genre è infatti nato a Marsiglia da genitori italiani e ha fatto ritorno nelle Valli con la famiglia nel 1941, a causa della guerra. Da 30 anni vive con la moglie a Villasecca, ma non ha mai interrotto i rapporti (culturali e di amicizia) con il Paese transalpino. Nella vita è stato insegnante di francese.
Clément Molinatti è il presidente dell’associazione Amici di Torre Pellice di Guillestre, Ciriaco Poupolo ha origini italiane (di Avellino) e suo padre passò il Francia per la prima volta attraverso il Pra e il Colle della Croce. Joëlle Ocana quando era sindaco di Abriès ha siglato il gemellaggio tra la sua cittadina e Prali e oggi lavora con entusiasmo all’ufficio turistico.
Tre voci per raccontare l’importanza di mantenere i legami: culturali, culinari e umani.
Nino Long ci ha raccontato una parte della sua densa vita dalla casa di Pramollo, dove passa parte delle estati. Le sue parole ripercorrono gli anni della guerra e la difficoltà nel mantenere i legami commerciali con Abriès.
Ad appena 13 anni Long andò a piedi (da Prali) nella cittadina francese per scambiare sale con corde. Al ritorno, portò sulle spalle un sacco di 13 chili.
Liliana Ayassot, sarta di Torre Pellice, ci ha aperto il suo laboratorio mostrandoci come lavora. Un viaggio dentro un mestiere che sta scomparendo, alla scoperta dell’artigianalità che ci cela dietro a tra abiti civili e vestiti valdesi, tra cartamodelli e squadre che facilitano il tracciato base.
Piera Barolin ha imparato a cucire cuffie e scialli per gioco, perché la figlia volle cucirsi da sola il vestito per la Confermazione valdese, poiché studiava alla scuola di cucito.
Oggi è rimasta una delle poche a saper realizzare questi pezzi unici a mano e nel video ci mostra alcuni dei passaggi necessari.
Le due sorelle Liliana e Elena Vigne ci hanno accolto nel loro salotto mostrandoci come il francese possa essere usato nella quotidianità, per parlare del più e del meno. Siamo così stati trasportati attraverso i loro ricordi, quelli degli anni lavorativi e quelli dell’infanzia, quando occorreva aiutare i genitori e la famiglia.
Marco Genre è originario di Pinerolo e ha vissuto in alta Val Pellice. Da diversi anni vive in Francia e attualmente è insegnante di italiano alla Cité Scolaire Internationale de Grenoble. Nel video ci racconta il suo percorso di emigrazione, facilitato dall’uso del francese in famiglia, e la sua idea di Europa.
L’occitano, o patouà, è una lingua che potrebbe essere destinata a sparire dall’uso quotidiano: sono infatti sempre meno le persone che lo parlano abitualmente. Ma ci sono alcune eccezioni, per esempio in alta Val Pellice, dove per molti ragazzi è un elemento caratteristico della propria cultura e delle proprie origini. Ne abbiamo parlato con Mary Catalin e Michel Garnier, due giovani villaresi, e con Tatiana Barolin, consulente dello Sportello linguistico della Fondazione Centro culturale valdese.
Jean Louis Sappè è l’anima del Gruppo Teatro Angrogna ed è stato per oltre 30 anni insegnante di scuola elementare. È inoltre uno dei massimi esperti locali di lingua occitana e francese. Nel video ci guida nella sua Angrogna, dalla scuoletta Beckwith degli Odin-Bertot al plesso di San Lorenzo, in cui ha passato molti anni come insegnante.
Matteo Rivoira, ricercatore in Linguistica all’Università di Torino e originario di Rorà, ci racconta la storia dell’Occitania e delle varietà linguistiche che la caratterizzano.
Nelle nostre valli chi parla la lingua d’Oc ha un repertorio linguistico ricco, perché di solito conosce anche il piemontese e spesso il francese, oltre ovviamente all’italiano.
Altro elemento caratterizzante è la mancanza di una storia comune (al netto della storia nazionale italiana) che unisca le diverse esperienze piemontesi: l’area dell’Occitania italiana non coincide con nessuna organizzazione amministrativa o statale, se non a pezzi. L’unità è definita solo sul piano linguistico e il sentimento di appartenenza non è così diffuso come altrove.
Alfredo Bertalot, originario di Prarostino, ci racconta come si faceva la leìsia (il bucato) quando era piccolo. Una volta al mese ci si recava alla fontana e, in ginocchio, con olio di gomito e cenere si smacchiavano i panni.
Qualche anno fa Bertalot è stato coinvolto in un progetto con i bambini dell’asilo e ha fatto sperimentare loro come era la vita dei loro nonni, senza lavatrice e con la necessità di contenere al massimo gli sprechi.
Matteo Rivoira, ricercatore in Linguistica all’Università di Torino e originario di Rorà, ci spiega la difficoltà di scrivere una lingua orale, raccontandoci come gli studiosi hanno cercato di creare alcune norme condivise.
La Meiro è un gruppo di danze e musiche occitane che prova a tramandare la cultura occitana attraverso questa forma d’arte. Nel video il direttore artistico Aldo Orusa e uno dei soci fondatori dell’associazione, Franco Bronzat, si confrontano sull’operato del gruppo e più in generale sul valore della lingua e della cultura occitana. L’intero gruppo, poi, si è esibito in alcune danze sotto l’ala di Luserna.
In questo video le sorelle Liliana e Elena Vigne, che abbiamo già incontrato in questo progetto, cambiano lingua. Non più il francese quindi, ma l’occitano per raccontare alcuni oggetti presenti nella loro casa d’infanzia.
Quali sono i destini delle lingue, soprattutto di quelle, come l’occitano, che non hanno confini coincidenti con aree amministrative autonome? Lo abbiamo chiesto a Matteo Rivoira, ricercatore in Linguistica all’Università di Torino e originario di Rorà.
Stefano Plescan ci accompagna alla scoperta di Ghigo di Prali, tra storia e leggende. Stefano parla in patois nonostante siano anni che non abita più qui: fa parte della tradizione e quando viene qui parla solo questa lingua.
Guido Genre ci racconta il suo rapporto con il patois e come la scrittura in questa lingua sia stata un modo per combattere il Parkinson. Guido non ha parlato il patois fin da bambino, ma l’ha appreso poco per volta, crescendo. Poi, a un certo punto, si è messo a studiare e ha deciso che voleva imparare a scriverlo.
Francesca Richard è una giovane infermiera che lavora per qualche ora la settimana allo sportello linguistico dell’occitano all’interno della Scuola Latina di Pomaretto. In questo video ci guida alla scoperta della scuola e della lingua.
Rinaldo Tourn di Rorà in questo video racconta l’arte dei muretti a secco, una passione che gli ha tramandato il padre e che lui continua a portare avanti nella sua bellissima casa-museo. Recentemente l’Unesco ha inserito l’arte dei muretti a secco tra i patrimoni immateriali dell’umanità, da custodire e preservare.
Cristina Richard da 30 anni gestisce l’edicola tabaccheria cartoleria di Ghigo di Prali, che ha ereditato dalla sua famiglia. Nel video ci racconta della sua borgata, che ama profondamente, e di come sia cambiato il turismo.
L’angrognino Corrado Gaydou ci racconta della sua infanzia vissuta in montagna, tra alpeggi e le borgate sparse.
Il suo racconto tocca vari aspetti della vita quotidiana, tra ricordi, curiosità e aneddoti.