È L’Ora del numero 11: Europa, Europa
Non ho l’età per ricordare l’epoca intrisa di ideali di Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Altiero Spinelli e Paul-Henri Spaak: i padri fondatori dell’Unione europea, gli idealisti che la concepirono come antidoto alla guerra.
Ero bambino, tuttavia, quando Giochi senza frontiere ci faceva divertire con bizzarre sfide tra comunità del continente. Ed ero ragazzino quando il programma di
punta di Rai Uno, il sabato sera, si chiamava Europa Europa. Non che fosse una trasmissione indimenticabile: lo era però il sentimento condiviso che – esattamente
trent’anni fa – ci faceva emozionare al pensiero di diventare, un giorno, cittadini europei. Al punto da rendere tollerabile lo stupido giochino di rispondere «Europa Europa» al telefono di casa, sperando che il
numero prescelto per il concorso in diretta fosse proprio il nostro.
Funzionava perché il popolo italiano era, ed è stato a lungo, il più europeista d’Europa. Oggi, invece, si direbbe l’esatto opposto. Stando a un sondaggio Ipsos pubblicato dal Corriere della Sera il 9 febbraio, il 55% degli intervistati dichiara di non avere fiducia nell’Unione (o di averne poca). Le ragioni di questo cambiamento radicale sono molto complesse e la loro analisi esula
dai compiti di una testata di approfondimento dedicata a un micro-territorio qual è L’Ora del Pellice. Se abbiamo dedicato copertina e Fil Rouge all’Europa, quindi, è per provare ad analizzare, concretamente, come l’idea di
Europa e l’istituzione europea abbiamo influito e influiscano tuttora nel nostro vissuto quotidiano. Nel bene e nel male.
Nessuno – neppure l’europeista più entusiasta – ritiene che l’Unione, così com’è, sia perfetta. Tutt’altro. Sarebbe opportuna una seria autocritica, di fronte a un crollo di
consenso così grave e rapido, nonostante i fondi europei siano così determinanti per la nostra agricoltura, per il sostegno ai nostri progetti innovativi, per la tutela della nostra cultura, per la riqualificazione di chi ha perso
o non trova lavoro, per la salvaguardia ambientale e così via…
Distruggere l’Europa, però, non è il modo di riformarla. Né l’idea di ripristinare divisioni e confini sembra particolarmente acuta. Come possiamo aver già dimenticato che i nazionalismi spinti, nel nostro continente, e devastanti?

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