Descrizione
Aprire le braccia per accogliere gli altri è un gesto quasi rivoluzionario, dopo un anno e mezzo in cui la nostra socialità è stata messa duramente alla prova dal Covid-19 e dalle misure per limitarne la diffusione. Si potrebbe dire che lo dobbiamo prima di tutto a noi stessi, per riappropriarci, gradualmente, di una dimensione di vita che ci è stata negata, sia pure per affrontare un’emergenza.
Aprire le braccia, con le giuste cautele, è uno dei modi attraverso cui, quest’estate, possiamo provare a risollevare la nostra economia: nel 2020 abbiamo perso due turisti su tre, ma il settore ha reagito alle straordinarie difficoltà con grande capacità di adattamento, sperimentando nuove forme di accoglienza.
Chiedere ai turisti di tutto il mondo cosa cerchino e cosa trovino nel nostro territorio è un modo efficace di guardarci allo specchio: il nostro numero 20
comincia così, con testimonianze da Giappone, Finlandia, Ucraina, Germania, Belgio, Francia e Uruguay.
Accogliere significa anche accettare le differenze. Quelle
di origine, di lingua, di colore (e in queste pagine troverete un bilancio del fenomeno migratorio, a dieci anni dall’arrivo dei primi rifugiati in zona). E poi quelle di fede: la nostra zona, dopo essere stata straziata da secoli di persecuzioni e violenze, è oggi è un eccezionale caleidoscopio di confessioni e religioni, che abbiamo provato a raccontare, nel rispetto di tutte.